EP03 Corpi come infrastrutture / Bodies as infrastructures
Intro
Post Disaster Volley Team
A cura di: Post Disaster Volley Team
I massicci cambiamenti nell’economia globale hanno sostanzialmente ristrutturato e rispazializzato le città ovunque. A Taranto le infrastrutture produttive e urbane si sono sovrapposte radicalmente alla città esistente, sostituendola.
La “città nuova” è stata vorace e approssimativa, ha lasciato indietro frammenti residui di rovine. Conseguenza diretta di una visione tecno-positivista che ha alimentato la produzione dello spazio urbano come estensione protesica del corpo umano.
Ma cosa succede quando il rapporto di subordinazione si rovescia, quando sono i corpi ad essere protesi funzionali della riproduzione urbana?
Il capitalismo è un attacco alla capacità dei corpi di funzionare ecologicamente. Li trasforma in forme di infrastrutture funzionali alla sua stessa riproduzione: mezzi attraverso il quale un input di energia (il cibo) è trasformato in un output (la forza lavoro) da cui una merce può essere prodotta. Il corpo viene omogeneizzato, meccanizzato. (1)
Le infrastrutture connettono, liberano, includono, tanto quanto escludono, opprimono, estraggono. I loro effetti sono spesso multipli, paradossali e contrastanti, a seconda delle forze che le governano. (2)
Allo stesso tempo, l’infrastruttura non è solo una struttura fisica. È anche un concetto filosofico e metaforico per indicare la creazione di reti di solidarietà sociale e collettiva. (3)
I corpi non sono mai soltanto semplici tecnologie astratte. L’infrastruttura è anche un insieme di corpi in relazione e disobbedienti, che resistono e reagiscono ai modi in cui vengono distinti, separati e strumentalizzati, per razza, genere o classe.
All’interno dei processi di astrazione capitalista ci sono crepe e contraddizioni: metabolismi corporei e atti organizzati di rifiuto. Esplorare queste crepe significa riconoscere che i corpi sono infrastrutture per la vita e la socialità. A differenza delle infrastrutture minerali, i corpi esistono all’interno di formazioni sociali più ampie in cui si costruiscono significati, in cui amore, cura, rabbia e riparazione sono tutti sentiti, sperimentati e agiti.
In tempi di crisi e transizione come quello che stiamo attraversando, emerge la sensazione collettiva che un glitch sia apparso nella riproduzione della vita. Un glitch è un’interruzione all’interno di una transizione, una trasmissione disturbata. Un glitch è anche la rivelazione di un fallimento infrastrutturale. Indipendentemente da quale sia la causa del disastro, il fallimento di un’infrastruttura obbliga all’adattamento e alla reazione. Il disastro è un glitch nel funzionamento normativo delle infrastrutture, che apre alla necessità – e a spazi di possibilità – per nuove organizzazioni della vita e modelli dell’esistenza.
Le infrastrutture di socialità prodotte dai corpi non solo si adattano, ma si sostituiscono, si oppongono, reagiscono a quelle tecnologiche dei meccanismi produttivi. (4) Occupazioni di spazi, movimenti artistici, proteste organizzate, rave party, mercati illegali, derive urbane: sono forme di organizzazione “abusiva” o contronormativa, underground come le reti di impianti che corrono invisibili sotto le strade, eppure hanno il potere di modellare la cultura dentro cui esistono.
Alla condizione di oppressione verticale operata dalle infrastrutture pesanti e fuori scala, contrapponiamo la visione dei corpi – i corpi collettivi delle comunità che abitano un territorio – intesi come infrastruttura biologica. Un’infrastruttura corporea capace di porre un’azione dirompente nei confronti dei processi estrattivi della produzione globale – aprendo alla possibilità di espandere il sistema di emozioni, socialità e cura. Un’infrastruttura corporea finalizzata alla redistribuzione della vulnerabilità in relazione alla distribuzione del riposo, della forza e del godimento.
Un’infrastruttura per organizzare le complessità dell’intimità tra sconosciuti.
Che tipo di forma di vita è un’infrastruttura? (5)
1. Luis Andueza, Archie Davies, Alex Loftus, Hannah Schling – “The body as infrastructure” 2. Kenny Cupers – “Coloniality of Infrastructure – Editorial”
3. Pelin Tan – “Urgent Pedagogies: Infrastructures” at S.a.L.E. Docks, Venice, 19 November 2021
4. AbdouMaliq Simone – “People as Infrastructure: Intersecting Fragments in Johannesburg”
5. Lauren Berlant – “The commons: Infrastructures for troubling times”
L’EP 03 Bodies As Infrastructures è ambientato sul tetto della Palestra dell’Istituto Comprensivo “Galilei” di Taranto di Vico Carducci, costruita dopo la demolizoine degli anni ’60 del palazzo storico Bellando-Randone, che fu oggetto di una movimentazione culturale in grado di dare rilievo nazionale alla questione del centro storico di Taranto.
Il tetto della palestra, concepito come piazza sopraelevata, non è mai stato utilizzato. Attraverso un allestimento progettato da Post Disaster si trasforma in un palcoscenico che ospita parte del programma di Rooftops EP03. Al centro dell’allestimento spaziale c’è un’installazione che re-interpreta la scultura Trasformazioni dello Spazio/Ellissi di Nicola Carrino (Taranto 1932 – Roma 2018), attribuendogli un valore funzionale.
DIREZIONE ARTISTICA
Post Disaster (Peppe Frisino, Gabriele Leo, Grazia Mappa, Gabriella Mastrangelo)
SET DESIGN
Post Disaster (Peppe Frisino, Gabriele Leo, Grazia Mappa, Gabriella Mastrangelo)
CURATORE3
Post Disaster (Peppe Frisino, Gabriele Leo, Grazia Mappa, Gabriella Mastrangelo), studioconcreto (Laura Perrone, Luca Coclite)
COLLABORATOR3
Margherita Kay Budillon, Isabella Leo, Monica, Mammone, Beatrice Pelagatti
PROGETTO GRAFICO
Michele Galluzzo
FOTO
Gabriele Fanelli
PREMIO
“Creative Living Lab – III Edizione” promosso dal Ministero Italiano della Cultura e del “Fondo speciale cultura e patrimonio culturale” Regione Puglia